Monica Pareschi

 In 2020, FELLOWS

Monica Pareschi is an editor, writer and a translator into Italian. She has translated, among others, Paul Auster, Shirley Jackson, James Ballard, Muriel Spark and Charlotte and Emily Brontë into Italian. In 2014 she won the Premio Renato Fucino for her novel E’ di vetro quest’aria. Her day job is teaching various courses on translation and editing. Recently in 2020, she received the Premio Gregor von Rezzori for her translation of Wuthering Heights by Emily Brontë. She lives in Milan with her son Enthry.


Report

 

Santa Maddalena, 18 luglio – 8 agosto 2020

 

Il primo a venirmi incontro a Santa Maddalena, quando un sabato di inizio estate ho messo piede in giardino, è stato un cane irsuto, bianco e nero, che si muoveva entusiasta e sconclusionato, in preda a un parossismo di gioia incontenibile. Dopo mesi di penombra e di stasi forzata, ero stordita dalla luce e dal viaggio, intimidita dalla fama quasi leggendaria del posto – forse la residenza per scrittori più ambita d’Europa – dall’aura novecentesca, cosmopolita e un po’ anacronistica che lo circondava in un tempo di piattezza globalizzata.

Il benvenuto esagerato del cane, la sua accoglienza sbavante e scomposta, mi hanno messo coraggio. In fondo al giardino mi aspettavano, sedute, un’altra ospite, molto bionda e molto bella, e la padrona di casa, con un piccolo cane tra le braccia e altri due sdraiati ai suoi piedi. Era un tableau vivant, ironico e regale. Per qualche giorno ammetto di aver faticato a prendervi parte.

Arte, bellezza e eleganza mi hanno accompagnata ad ogni minuto che ho passato a Santa Maddalena. Beatrice le mescola con infallibile nonchalance e un gusto quasi surreale per i contrasti che rende tutto stranamente accessibile: forse per questo anche l’ospite più maldestro non si sente fuori posto. Mentre avanzavo per la prima volta in quel giardino, col cane bianco e nero che procedeva arrancando al mio fianco, ho avuto l’impressione di muovermi quasi allo stesso modo, dopo i mesi di cattività imposti al mio corpo e alla mia mente dalla pandemia: più tardi avrei saputo che anche il cane, che trascinava gli arti posteriori nell’erba e sembrava aver perso le coordinate nello spazio, era stato a lungo rinchiuso in gabbia prima di approdare fortunosamente alla sua nuova casa.

E così, mentre camminavo nell’uliveto, dormivo nel grande letto in una camera dal sapore ottomano, lavoravo in uno studio pieno di mobili russi che, mi hanno detto, è il luogo preferito di uno dei grandi scrittori del nostro tempo, nuotavo in piscina sotto il sole di luglio sono, letteralmente, tornata alla luce, e la vita dimezzata che come tanti avevo patito nei mesi precedenti, segregata in un appartamento di una grande città spaurita, è tornata un formicolio di piccole sorprese quotidiane, urgenze, attese, accadimenti.

Il mio luogo preferito a Santa Maddalena rimane la cucina, forse perché sono una traduttrice ed è risaputo che i traduttori lavorano nelle cucine della letteratura. Niente mi mette più a mio agio che tritare, sminuzzare, tagliare, smembrare e ricomporre nella cucina di un ospite, letterario o letterale che sia. E allora grazie per le cipolle e i pomodori affettati, per i cassetti che mi è stato permesso aprire, per i piatti impilati sui vassoi, per i pranzi improvvisati la domenica, per le tavole sparecchiate, per i bicchieri spaiati e le ricette scambiate: partecipare alla vita domestica di una casa come di un libro, poter sbirciare nell’intimità di dispense, frigoriferi e tegami, è un grande privilegio. Grazie per l’intelligenza lieve delle chiacchiere a cena, per le risate alticce la sera, per le gite al lago e al fiume, grazie soprattutto per la solitudine che mi è stata offerta quando ne avevo bisogno per rimettere in moto muscoli, desideri e pensieri.

Alla fine del mio soggiorno mi sono accorta che il cane aveva smesso di scuotersi e tremare e aveva cominciato a muoversi, se non con eleganza, almeno con un certo agio. A Santa Maddalena ho ricominciato a muovermi anch’io.

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